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Sentenza Cassazione Civile n. 25391 del 12.10.2018

 

La Corte di Giustizia Europea, con sentenza del 23 marzo 2006 n. 465-c- 04, si è espressa conformemente alla  relazione dello Avvocato Generale MADURO  * che trovate cliccando nella barra dell’ argomento relativo. La ns. Corte di Cassazione , con sentenza n. 21309, depositata il 3 ottobre 2006 ha recepito i principi fissati dalla Corte del Lussemburgo. Resta superata, con le pronunzie in questione, pertanto, l’ interpretazione che riteneva doversi considerare in astratto complessivamente sempre migliorativa la previsione indennitaria degli AA. EE.  La Corte lussemburghese prima e la ns. Cassazione, poi, hanno ritenuto infatti che ogni qualvolta,  il calcolo dell'indennità , come introdotta dalla Direttiva comunitaria 653 del 1986, recepita nel ns. ordinamento dall'art. 1751 c.c.,  sia più favorevole all'agente, debba esser applicata questa . L'esame deve esser fatto , quindi, in concreto, caso per caso. Leggete al riguardo almeno la parte finale della relazione dello Av

Cassazione civile sez. III, 12/10/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 12/10/2018), n.25391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE

  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIVALDI Roberta – Presidente – Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere – Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere – Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere – Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA sul ricorso 1409/2017 proposto da: C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, P.LE BELLE ARTI 1 ST. DAVOLI, presso lo studio dell’avvocato GIAMPAOLO DICKMANN, rappresentato e difeso dall’avvocato DARIO DE LANDRO giusta procura speciale in calce al ricorso; – ricorrente – contro UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, già MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore p.t. Dott.ssa C.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, rappresentata e difesa dagli avvocati ALFREDO CIGLIANO, ROBERTO MARSILI, EMILIO CIGLIANO giusta procura speciale in calce al controricorso; – controricorrente – e contro GENERALI BUSINESS SOLUTIONS SCPA, R.D.; – intimati – avverso la sentenza n. 2962/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/07/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI. Fatto RILEVATO IN FATTO

1. Con ricorso notificato l’11 gennaio 2017, C.G. impugna per cassazione la sentenza numero 2962 del 2016 resa dalla Corte d’appello di Napoli, depositata in data 21 luglio 2016, non notificata, con la quale era stato rigettato l’appello proposto dal ricorrente avverso la sentenza numero 6339/2012 del Tribunale di Napoli e veniva condannato al pagamento in favore di Milano assicurazione, oggi Unipol sai assicurazioni S.p.A., delle spese del giudizio. Il ricorrente propone sette motivi di ricorso. La compagnia assicuratrice intimata ha proposto controricorso.

2. La vicenda in esame origina da una controversia attinente a un sinistro stradale, promossa innanzi al Tribunale di Napoli dal ricorrente quale trasportato sulla moto Honda 900, di sua proprietà, condotta da R.D., dimostratosi privo di idonea patente di guida, allorchè quest’ultimo il giorno (OMISSIS), in (OMISSIS), procedeva al centro della strada a velocità sostenuta e in ” impennata” su di una sola ruota. Affermava l’attore che l’incidente era stato provocato da una autovettura, rimasta sconosciuta, che aveva sfiorato la moto in quel frangente. Pertanto nella causa di primo grado egli aveva chiesto l’accertamento della responsabilità sia del conducente della moto che aveva adottato una manovra impropria, sia del veicolo rimasto sconosciuto. Il giudice di prime cure rigettava la domanda di risarcimento di danni nei confronti dell’impresa designata per la gestione del fondo vittime della strada e la domanda rivolta alla propria assicurazione Milano assicurazioni S.p.A., sull’assunto che il conducente della moto (rimasto contumace)non fosse abilitato alla guida della moto di quella cilindrata e che il proprietario della moto non avesse impedito a questi di condurla; inoltre, il giudice riconosceva un concorso di colpa tra il ricorrente e il conducente della moto, condannando quest’ultimo al pagamento dei danni a favore del primo per la quota di responsabilità riconosciuta.

3. Nell’atto di appello l’impugnante, qui ricorrente, chiedeva che fosse accertata la responsabilità solidale, concorsuale e alternativa del conducente della moto e del pirata della strada; inoltre chiedeva l’autorizzazione al deposito della patente del conducente e, se del caso, di acquisirne la produzione ai sensi dell’art. 213 c.p.c.; deferiva infine giuramento decisorio al conducente della moto sulla circostanza del possesso di patente di tipo D alla data del (OMISSIS), data dell’incidente.

4. La Corte d’appello rilevava che non fosse provato il concorso causale nell’incidente di una autovettura rimasta sconosciuta e che la manovra pericolosa posta in essere dal conducente della moto avesse efficacia assorbente nella determinazione del sinistro. La Corte inoltre rigettava il secondo motivo di gravame sulla considerazione che la produzione della patente offerta ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, fosse da considerarsi inammissibile in quanto non vi era prova che l’appellante si fosse attivato nel corso del processo di prime cure per ottenere il predetto documento, nè che egli avesse mai aderito alla richiesta della compagnia assicuratrice di acquisire copia dello stesso presso la pubblica amministrazione competente. Per quanto riguarda il giuramento decisorio, la Corte riteneva che esso fosse irrilevante ai fini della decisione, dato che l’eventuale possesso della patente D) non avrebbe comunque abilitato il conducente alla guida della motocicletta di grossa cilindrata all’epoca del sinistro. La Corte riteneva, inoltre, che il comportamento assunto dall’appellante, proprietario della moto, nell’affidare a un terzo la conduzione del veicolo senza verificare se quest’ultimo fosse abilitato a condurlo rileva sia da un punto di vista di inoperatività della garanzia assicurativa, risultando egli coautore della condotta lesiva, sia sotto l’aspetto del concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, nella determinazione dell’evento dannoso, per essersi fatto trasportare sul proprio potente motoveicolo da un terzo non provvisto di patente. Il comportamento colposo del danneggiato pertanto avrebbe eliso il nesso causale tra danno ed evento, che deve pertanto esclusivamente ricondursi all’imprudenza del proprietario nell’affidare il proprio veicolo a chi non era abilitato alla guida. La Corte inoltre riteneva di nessun peso il fatto che la polizza assicurativa fosse stata intestata a tale E.A., essendo quest’ultimo un semplice contraente, mentre il soggetto assicurato, secondo la legge e la giurisprudenza costante, è il proprietario del veicolo indicato nel contratto assicurativo, e cioè l’appellante stesso.

Diritto RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione falsa applicazione della norma di cui all’art. 2697 c.c., comma 2, laddove anche la Corte territoriale ha posto a carico del ricorrente l’onere di fornire la prova del possesso di idonea patente di guida, senza considerare e decidere sulle deduzioni formulate dal ricorrente nell’atto d’appello, ritenendo erroneamente che l’attore avrebbe dovuto provare il “tema di un’eccezione” formulata dalla controparte. Il motivo è inammissibile La Corte d’appello, confermando sul punto la decisione del Tribunale, ha ritenuto che la circostanza che il conducente della moto fosse provvisto di patente di tipo D) non fosse rilevante, in quanto tale patente non avrebbe comunque abilitato il conducente della moto alla guida della moto di grossa cilindrata all’epoca del sinistro. La ratio decidendi offerta dalla Corte d’appello pertanto è del tutto diversa dall’assunto di parte ricorrente.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omessa motivazione circa il mancato utilizzo dei poteri istruttori del giudice di prime cure ex artt. 421 e 437 c.p.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Il ricorrente deduce che la Corte d’appello, in applicazione del rito del lavoro con cui si è celebrato il giudizio, avrebbe potuto disporre di detto potere d’ufficio anche in presenza di decadenze o preclusioni. Il motivo è inammissibile. Anche questo motivo risulta inammissibile per i motivi sopra espressi. 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del disposto di cui all’art. 345 c.p.c., comma 2, e/o dell’art. 437 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n.

3. Il ricorrente deduce che la Corte erroneamente abbia ritenuto inammissibile la produzione della patente sull’assunto che il ricorrente non si fosse attivato, nè avesse aderito alla richiesta di esibizione svolta in sede pre-contenziosa dalla Milano assicurazioni. Anche questo motivo risulta inammissibile per i motivi sopra espressi.

4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n.

5. Secondo il ricorrente la pronuncia risulta viziata in quanto il documento di cui non è stata ammessa la produzione sarebbe unicamente una patente di tipo A, B, C e D, dunque valida anche per la guida di motoveicoli in quanto conseguita prima della data dell’incidente ((OMISSIS)). Il ricorrente sostiene che a pagina 10 dell’atto d’appello tale documento è stato indicato come documento 3 e che il giudice avrebbe dovuto scrutinare nel suo contenuto prima di decidere sulla sua rilevanza.

4.1. Il motivo è inammissibile. Difatti il documento di cui si è discusso attiene a una patente di tipo D su cui si è impostato il contraddittorio, non potendosi pretendere che il giudice dell’appello debba scrutinare d’ufficio la rilevanza di detto documento, in qualche modo “scoprendo” l’errore dell’appellante. Il potere officioso del giudice, difatti, nel giudizio civile non può spingersi extra petita, dovendo decidere iuxta alligata et probata. In merito rileva anche l’indirizzo segnato da questa Corte in Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24861 del 06/11/2013 (Rv. 629142 – 01), ove ha sancito che “contestata dal convenuto la ricorrenza dei fatti costitutivi del diritto azionato in giudizio dalla parte attrice, il giudice non è tenuto a segnalare d’ufficio l’insufficienza del quadro probatorio da essa offerto, trovando applicazione, al riguardo, il principio per cui il giudice decide iuxta alligata et probata partium e dovendosi escludere la nullità della sentenza, attesa l’estraneità a tale ipotesi del principio secondo il quale il giudice è tenuto a segnalare alle parti le questioni rilevate ex officio ove comportino nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti o una modificazione del quadro fattuale del giudizio, la cui lesione integra la violazione del diritto di difesa delle stesse, private, sul punto, dell’esercizio del contraddittorio”.

5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 345 c.p.c., comma 2, o art. 437 c.p.c., comma 2, ex art. 360 c.p.c., n. 5, ritenendo che se la Corte avesse “posato lo sguardo richiesto a pagina cinque dell’atto di appello” avrebbe ritenuto ammissibile il giuramento decisorio. Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni esposte con riguardo al quarto motivo in relazione al contraddittorio che si è effettivamente instaurato tra le parti.

6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della norma di cui all’art. 1227 c.c., dell’art. 1917c.c., nonchè dell’art. 2 delle condizioni contrattuali di polizza e degli artt. 122 e 129 del Codice delle Assicurazioni. Il ricorrente deduce che la Corte d’appello non avrebbe potuto escludere l’operatività della garanzia assicurativa per il trasportato anche nel caso in cui l’assicurazione non fosse operante in simili casi in forza di espressa disposizione di legge o di polizza. L’interpretazione data dalla Corte di merito non sarebbe conforme ai principi stabiliti sia dalla giurisprudenza di questa corte (Cass. civile numero 18.308-2014 e Cass. Sez. 3^, sentenza n. 14.699-2016), sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia resa nel caso C-537/03.

6.1. Il motivo è fondato.

6.2. In merito, va richiamato l’orientamento espresso da Cass. Sez. 3^, sentenza n. 14699-2016, che ha sancito che “in materia di responsabilità da sinistri stradali, colui che, in possesso di patente di guida, affidi una vettura nella propria disponibilità a un soggetto dotato solo del cd. foglio rosa, salendo contestualmente a bordo della stessa, non assume un ruolo diverso da quello del trasportato, sicchè l’affidamento del veicolo, di per sè, non lo grava di cooperazione colposa nel sinistro stradale verificatosi per l’imperita condotta del guidatore affidatario e nel quale egli abbia riportato danni”. Si ritiene, in primo luogo, che Corte di merito abbia tratto argomenti non coerenti con il suddetto principio, in particolare ragionando sull’assunto che il proprietario abbia contribuito alla determinazione di un danno a sè solo per il fatto di avere consentito il trasporto da parte di chi non era abilitato alla guida della moto.

6.3. A livello di principi dettati dall’Unione Europea si pongono ulteriori ostacoli per interpretazioni della normativa nazionale o delle polizze che consentano la non operatività della polizza in simili situazioni di affidamento del veicolo assicurato a persona non abilitata. La Corte di Giustizia, nel procedimento C-537/03, Candolin e a., con sentenza del 30/06/2005 ha sancito che “l’art. 2, n. 1, della seconda direttiva del Consiglio 30 dicembre 1983, 84/5/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, e l’art. 1 della terza direttiva del Consiglio 14 maggio 1990, 90/232/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella determinazione del danno subito, il risarcimento a carico dell’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli. Il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario del veicolo, il conducente del quale ha causato l’incidente, è irrilevante”. Tale principio di diritto è stato ribadito nel procedimento Churchill Insurance ltd, C-442/10, deciso il 1/12/2011, in un’ipotesi in cui la legge nazionale prevedeva l’esclusione della copertura assicurativa per il proprietario-trasportato che ha dato il permesso di guidare a un conducente non assicurato.

6.4. In tale materia è stato infatti ritenuto che gli Stati membri devono esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto comunitario e, segnatamente, dell’art. 3, n. 1, della prima Direttiva, dell’art. 2, n. 1, della seconda Direttiva e dell’art. 1 della terza Direttiva (Direttiva 84/5/CEE – Artt. 1, n. 4, e 2, n. 1 – Terzo vittima – Autorizzazione alla guida esplicita o implicita – Direttiva 90/232/CEE – Art. 1, primo comma – Direttiva 2009/103/CE – Artt. 10,12, n. 1, e 13, n. 1), il cui obiettivo consiste nel garantire che l’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri, vittime di un incidente causato da un veicolo, di essere risarciti dei danni dai medesimi subiti. Le disposizioni nazionali che disciplinano il risarcimento dei sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, pertanto, non possono privare le suddette disposizioni del loro effetto utile. Ciò si verificherebbe, segnatamente, se una normativa nazionale, definita in base a criteri generali e astratti, negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell’assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno.

6.5. Per la Corte dell’Unione Europea, dunque, solo al verificarsi di circostanze eccezionali, in base ad una valutazione caso per caso, l’ampiezza del risarcimento della vittima può essere limitata. Nel contesto della valutazione della sussistenza di tali circostanze e del carattere di proporzionalità del limite al risarcimento, la cui competenza spetta al giudice nazionale, è irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario del veicolo il conducente del quale abbia causato l’incidente. Infatti, nel prevedere che l’assicurazione della responsabilità civile relativa alla circolazione degli autoveicoli copra la responsabilità per i danni alla persona di tutti i passeggeri, ad eccezione del conducente, l’art. 1, della terza direttiva si limita a fissare una distinzione tra il detto conducente e gli altri passeggeri. Inoltre, gli obiettivi di tutela impongono che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell’incidente. Il proprietario dell’autoveicolo, pertanto, in quanto passeggero, non è escluso dal beneficio del risarcimento.

6.6. Conseguentemente, sia con riferimento ai principi sanciti da questa Corte in tema di concorso colposo della vittima nella determinazione del sinistro, sia con riferimento ai criteri d’interpretazione delle norme di derivazione Europea sanciti dalla Corte di Giustizia, la statuizione della Corte d’appello in ordine alla prevalenza assoluta della responsabilità del proprietario e/o alla inefficacia o inoperatività della polizza assicurativa per il proprietario trasportato, vittima del sinistro, ove abbia consentito la guida a un soggetto non abilitato, non risulta conforme ai principi di diritto che governano la materia dell’assicurazione obbligatoria per i veicoli a motori.

7. Con il settimo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per inesistenza della motivazione in relazione all’art. 112 c.p.c., nonchè art. 132 c.p.c., comma 4, ex art. 360 c.p.c., n. 4. Con tale censura il ricorrente deduce che la Corte territoriale abbia implicitamente ritenuto rilevante, sotto il profilo del concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso, il comportamento del ricorrente per non essere il primo intervenuto per impedire una condotta di guida rischiosa.

7.1. Il motivo è fondato.

7.2. La Corte territoriale innanzitutto pretermette l’insegnamento di questa Suprema Corte secondo il quale, un’eventuale cooperazione colposa del creditore al fatto illecito, non spezza il nesso eziologico rispetto al danno da lui subito. Pertanto, la cooperazione del trasportato allo scaturire dell’evento dannoso dalla condotta colposa del conducente della vettura (per esempio, non allacciandosi il trasportato le cinture di sicurezza: Cass. sez. 3, 11 marzo 2004 n. 4993) comporta esclusivamente una proporzionale riduzione dell’entità del risarcimento (v. Cass. sez 3^, 14699/2016 4v. Cass. sez. 3, 4 novembre 2014 n. 23426; Cass. sez. 3, 28 agosto 2007 n. 18177; Cass. sez. 3, sentenza 11 marzo 2004 n. 4993, cit.). Ma vi è di più. La cooperazione colposa nella determinazione del sinistro non può essere identificata, per così dire, preventivamente – ovvero quando il sinistro è ancora soltanto una mera eventualità – ad esempio nel salire su un veicolo condotto da una persona che il trasportato sa non essere in grado di fornire una guida adeguata, occorrendo invece un’attività del trasportato, una volta che il trasporto sia iniziato e quindi divenuto un fatto reale e attuale, la quale esplichi diretta incidenza causale sul concreto susseguente evento dannoso (v. Cass. sez. 3, 7 dicembre 2005 n. 27010, che evidenzia come accettare di salire su un’auto guidata da conducente inadeguato – in quel caso, per debolezza alcolica – non dà luogo neppure al concorso colposo nel sinistro, perchè tale condotta non è comportamento materiale di cooperazione incidente sulla determinazione dell’evento dannoso). D’altronde, l’accettare che la guida del veicolo sia effettuata da un soggetto non idoneo non può intendersi come valida rinuncia ad ogni risarcimento dei danni, che potranno generarsi da tale guida, trattandosi di lesioni di diritti indisponibili (così ha ancora puntualizzano Cass. sez. 3, 11 marzo 2004 n. 4993 e Cass. sez. 3^, sentenza n.14699/2016). 8. Conclusivamente la Corte, in accoglimento dei motivi sei e sette, dichiarati inammissibili gli ulteriori motivi, cassa la sentenza della Corte d’ Appello di Napoli e rinvia affinchè decida alla luce dei suddetti principi in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio.

P.Q.M. 1.

La Corte accoglie i motivi sesto e settimo, dichiara inammissibili i restanti, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese. Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018. Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2018

vocato Generale. Dovrebbe esser stata posta la parola fine ad ogni diatriba al riguardo.